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Paolo Blendinger
Storico dell’arte, gallerista e artista
Seeds and senses – organic installations
2002

Le parole racchiuse nel seme
raccontano di frammenti,
di ricordi, della dolce malinconia
che prepotente invade
la mia memoria emotiva
mi perdo, lontano, nel profondo,
nel dolce viaggiare,
nei sogni necessari


In queste parole dell’artista, che spesso collega uno scritto alle sue opere, quasi a complemento del racconto svolto, è racchiusa l’essenza della poetica di Sandra Schaffner che alla sua terza personale (1995, 1999), con "Seeds and senses" (semi e sensi) continua, sedimentando i contenuti, il suo percorso di notevole coerenza stilistica. La mostra ruota, come dichiarato anche dal titolo, attorno al motivo del seme quale fonte primordiale di vita, proponendo delle installazioni e delle opere che tendono a coinvolgere tutti gli ambiti sensoriali al di là della semplice fruizione visiva. Così dei semi sparsi sul suolo propongono al visitatore un’esperienza tattile, altrove diventano suolo, inseriti in strumenti musicali e diventano cibo. Nelle opere allineati con amorevole cura su veline, in accumulazioni ripetitive su linee parallele e fregi vicini all’intreccio tessile prima di essere isolati fra due vetri ricuperano estetiche primitiviste e portano suggestioni arcaiche e primordiali… Quelli proposti sono veri e propri tracciati di vita in cui l’artista ricupera volentieri reperti autobiografici, dei frammenti dimenticati della storia personale o famigliare – un chiodo, una cornice, un tessuto – per salvare, ma soprattutto per riqualificare a maggiore dignità un passato che sentiamo scivolare inesorabilmente nell’oblio, dunque nel nulla. Da tali sedimentazioni esce prorompente una naturalità fertile e sensuale: i reperti, calati e bloccati dalle fragili trasparenze di vetri legati da fili, assurgono alla sacralità, diventano segni che palesano la memoria, o totem congelati nel tempo. Dunque, ritornando alle parole dell’artista,

le opere sono solo frammenti di storia,
di racconti, ci ricordano che noi siamo
qui per partecipare e per lasciare una traccia


È l’idea della traccia, dell’orma da seguire che lasciata dall’artista costituisce un percorso infine significante: qui uno dei motivi più profondi e intimi della stessa azione creativa, il nucleo forse più profondo della funzione dell’arte. Diceva Joan Mirò: je travaille comme un jardinier. Nell’umiltà del lavoro, coltura diventa cultura e i semi posti finiscono per germogliare, fruttificare. L’espressione artistica è dunque un atto sacrale, rituale nell’azione, è trasformazione e trasmutazione continua. Sandra Schaffner, pienamente cosciente di questi significati, nel silenzio e nell’isolamento dell’atelier crea rivelandoci la sua sensibilità di donna con dei segni appena tracciati, fragili e sottili, ma anche così ricchi, stratificati e perenni.

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